Biografia

Angel Ramiro Sanchez nasce nel 1974 a Maracaibo, Venezuela. Talento poliedrico fin da bambino, giunge a Firenze in Italia a 19 anni per completare la propria preparazione artistica. Si laurea con lode all’Accademia di Belle Arti nel 1997.

Realista

Le sue qualità sono riconosciute dal pittore realista Daniel Graves, fondatore a Firenze della Florence Academy of Art (FAA), che lo incoraggia a frequentare i corsi di questa accademia internazionale dedita allo studio e al recupero delle tecniche tradizionali utilizzate dai grandi maestri del passato. Nel 2003, quando si pubblica Ramiro, il primo libro dedicato alla sua produzione, il giovane pittore è già passato dall’essere uno dei migliori allievi della Florence Academy of Art a essere un apprezzato docente di pittura. I suoi lavori, ormai ampiamente conosciuti, sono ricercati da collezionisti del Vecchio e del Nuovo Mondo. Da uno all’altro infatti si sposta continuamente: insegna a Firenze nella stagione invernale, dipinge a Sag Harbor, New York, in estate, e si reca con frequenza in Venezuela, sua terra natale, dove è incaricato di eseguire la decorazione ad affresco della città di Maracaibo. L’ispirazione letteraria è evidente già dalle sue prime opere: Ramiro è particolarmente affascinato dai poeti e dai compositori romantici tedeschi del diciannovesimo secolo, quali Schiller, Goethe, Beethoven e Schubert.

I dipinti di Ramiro combinano l’accuratezza del realismo accademico con una passione per lo stendere la pittura sulla tela. I suoi ritratti e paesaggi evocano doti viste per l’ultima volta nel passaggio di secolo in un altro pittore espatriato e di Firenze, John Singer Sargent.

Pochi si rendono conto che Sargent fu formato con questo approccio accademico, e i lineamenti delle somiglianze si scoprivano solo dopo molte ore di schizzi del soggetto. Anche i dipinti di Ramiro mostrano un’intensa attenzione ai dettagli importanti (proporzioni, linee e forma), ma un approccio creativo e spesso espressivo completa i dipinti. Ramiro lavora sempre dal vivo ed è disponibile per ritratti su commissione. I suoi lavori sono presenti in collezioni private in Italia, Germania, Inghilterra, Ungheria, Usa, Canada e Venezuela.

Opere

Alcuni dicono che tutti i dipinti sono autoritratti perché gli artisti non riescono ad evitare l’auto-rivelazione, con o senza somiglianze. Ramiro è un realista che ha il raro dono di dipingere in quasi tutti i suoi lavori in maniera autobiografica – il che non significa però che i suoi dipinti risultino facili da analizzare -. Nel 2002 Ramiro dipinse The Wanderer, una specie di ritratto dell’artista come giovane uomo che appare come studio meticoloso di qualcun’altro. Il modello era un giovane uomo dai tratti nordici e una barba alla Van Dyck. Ramiro gli diede un flauto di legno e una cartella d’artista e poi lo dipinse il più fedelmente possibile. Il risultato fu una tela di un mezzo busto molto somigliante ad un dipinto ottocentesco: infatti, in qualche museo potrebbe pure esserci un quadro del diciannovesimo secolo intitolato The Wanderer in onore alla poesia di Friedrich Schlegel che ispirò una ancora più nota composizione di Franz Shubert (D. 649).

Il fatto che il The Wanderer di Ramiro possa accompagnare qualunque di questi precedenti è un tributo alle sue straordinarie abilità pittoriche. Ma è davvero ancora più interessante come un giovane artista venezuelano, nato nelle barrìo nel 1974, che, grazie alla forza, al coraggio, al talento e alla gentilezza degli amici, si fece strada da Maracaibo a Firenze, chiede a noi di essere letto attraverso una poesia del romanticismo tedesco. Il flauto e la cartella dell’artista non sono “aiuti accademici”, sono i passaporti della musica e dell’arte, senza i quali il suo viaggio drammatico sarebbe stato impossibile. Il tema del “vagabondo” venne catturato da Ramiro per cogliere l’immaginazione di un artista che ha vissuto un terzo dei suoi anni in paesi stranieri. Infatti proprio questo titolo fa pensare che The Wanderer sia l’autoritratto di Ramiro con i lineamenti di un’altra persona. Una volta a Firenze, il 19enne Ramiro beneficiò più delle lezioni di pittura di Daniel Graves, che lo prese sotto la sua ala, e dalle lezioni di disegno con Charles Weed che dei quattro anni alla storica Accademia di Belle Arti dove, scoprì lui stesso, il realismo non era seriamente preso in considerazione.

Anche se fu proprio alle Belle Arti che Ramiro fece amicizia con un circolo di giovani musicisti e poeti italiani ammiratori appassionati di Beethoven, Novalis, Goethe e tutti gli altri giganti del primo movimento romantico dello Sturm und Drang.

“Tutte le epoche sono state spese ricercando nella natura, e nessuna ancora ne è stanca. Alcuni hanno dedicato tutta la loro vita all’evocazione e non hanno mai smesso di pregare la dea velata”: Ramiro è un protagonista nella prima generazione di artisti in più di un secolo che può leggere Idee per una Filosofia della Natura di Schelling senza arrossire.

Comunque il filo connettivo di Ramiro non è il Romanticismo, ma piuttosto la sua convinzione, inaspettata in un realista, che noi non vediamo noi stessi come gli altri ci vedono. Nella loro differenza, Katerina del 1998 e Angel del 1999 sono entrambe allegorie della premessa che non possiamo leggere l’anima di una persona dal suo volto. Il chiudere gli occhi per percepire la verità del soggetto di Tiresias, è l’immagine catturata da Ramiro in un profilo bendato. Tiresias è realismo contemporaneo in un vernacolo contemporaneo: non abbiamo bisogno del mito classico per capire l’immagine. Self Portrait in Charcoal (2001) appartiene a una lunga linea di artisti, da Durer a Van Gogh, curiosi di come loro appaiono quando affondano nel malessere e nelle profondità della depressione. Questa linea di auto-ritratto non ha nulla a che fare con l’abitudine usuale degli artisti di apparire nel loro vestito domenicale con medaglie e decorazioni o, ancora più comune oggi giorno, in un disordine bohemien. L’autoritratto come autoanalisi è un’idea che nasce dal Rinascimento, quando si scoprì che dipingere il mondo significava capirlo: alcuni artisti naturalmente girarono lo specchio verso se stessi. Caravaggio, un profeta del nuovo realismo, fu il primo artista nella storia a dare l’impressione di essere il soggetto principale dei suoi stessi dipinti, nonostante la storia. Caravaggio ritrasse il valoroso Davide in ogni luce, da quella esultante a quella pensierosa, mostrandolo alla fine mentre teneva la testa staccata di Golia, con la faccia di Caravaggio. Il David di Ramiro, un autoritratto travestito, omaggia il precedente di Caravaggio senza mostrare cosa l’eroe biblico tiene in mano. Parlando di Michelangelo Merisi, il suo Narcissus si protrae da qualche parte nel subconscio di The water seeker, uno delle più originali e sorprendenti composizioni di Ramiro. Invece che bramare per vedere la sua faccia nell’acqua calma, un uomo giovane e bello si rannicchia in modo contorto al margine. Morendo di sete, questa anima nuda ha paura di partecipare all’oggetto del suo più profondo desiderio. Un po’ di tempo dopo che The water Seeker fu terminato un’amica gli mostrò un testo Persiano che le ricordava il suo dipinto. “E ancora vedo persone che cercano disperatamente per un chicco d’uva acerbo, con le vigne tutte intorno a loro, pesanti e con grappoli perfetti…” sono versi tratti dal poeta medievale Rumi (1207-1273). Ramiro fu d’accordo, perché lui sa che cercare e vedere non sono la stessa cosa.
John T. Spike, Firenze, 26 Maggio 2003