La mostra
Ha il significativo titolo di “Sospensione” perché cerca di interpretare e raffigurare l’attimo in cui il tempo e lo spazio si incontrano, la suggestiva mostra del pittore Alberto Deppieri, ospitata al Centro Candiani di Mestre, Venezia.
Diciassette opere, realizzate tutte nel suo ultimo anno di attività dall’artista, che ben ne rappresentano il percorso creativo, e la tecnica personalissima, ancora in piena evoluzione, e che hanno un punto di partenza comune: un video astratto-pittorico, dal titolo “Fluxus”. Una serie di suggestioni e immagini, realizzate da Deppieri nel suo laboratorio a Forte Marghera, da cui egli stesso estrapola dei frame, delle istantanee, da cui si sviluppano i suoi quadri. Dapprima l’immagine viene fissata sulla tela, poi viene lavorata in più passaggi, utilizzando di volta in volta, oltre al colore, sostanze come il policarbonato, il legno o la resina, e la carta vetrata.
“Il risultato di questo lavoro – ha osservato l’assessore comunale alle Attività culturali, Tiziana Agostini, presente al vernissage in compagnia del presidente del Consiglio comunale, Roberto Turetta – ci regala opere di grande suggestione, che rappresentano da un lato la personalità dell’artista, ma anche il suo rapporto speciale col Forte Marghera, e con la sua città, Mestre, che Deppieri riesce a interpretare nella sua anima più vera.”
Il video “Fluxus” sarà presentato domani, nel corso dell’inaugurazione, accompagnato da un soundtrack live con i Madriema e Romina Salvadori.
La mostra è curata da Federica Luser, realizzata con la collaborazione del Centro Candiani e del Concilio Europeo dell’Arte, e col patrocinio della Presidenza del Consiglio comunale e dell’Assessorato comunale alle Attività culturali di Venezia.
In sospensione
La parola “sospensione” può indicare la realtà somatizzata di un inizio imminente non ancora identificato. Può rendere la sensazione, spesso espressa in svariati termini e definizioni, che si manifesta pervadendo simultaneamente diverse realtà: sociali, economiche, politiche, artistiche, culturali, dal contesto più ampio e globalizzato a quello più strettamente locale e personale vissuto dal singolo individuo. In tal senso, uno stato di sospensione s’impossessa dei processi mentali cristallizzandosi in essi. Ne consegue un atteggiamento di paralisi verso il futuro, anche immediato, un desiderio timoroso di voler sospendere ogni inevitabile cambiamento, di fermare il trascorrere del tempo, il che induce un’ignota, obbligata, metamorfosi in grado di fornire una soluzione possibile.
Trovarsi in uno stato di sospensione significa essere come un corpo lanciato con forza verso l’alto e che rallenta fino a fermarsi nel momento in cui la forza di gravità e il movimento ascensionale in rallentamento si equivalgono; significa provare quel senso di vertigine che sembra esso stesso il propulsore dei sogni, quando si vola e si sfiorano gli ostacoli che si frappongono senza capire come si sia stati in grado di farlo. In un tale ‘stato’ di sospensione il cambiamento epocale che viviamo, sia in senso filosofico-esistenziale che nelle sue forme più concrete, evolve in due direzioni opposte: può farci piombare verso il centro magmatico della terra oppure farci constatare che, in assenza di forze predominanti, il volo e il cambiamento sono possibili al di là di ciò che era in precedenza e che costituiva una rete di protezione, nel bene e nel male.
Per quanto potrà durare, quest’ossimorico stato di sospensione permette di assistere a un nuovo presente che assume forme non identificabili a causa della sua novità mutante: forme suggerite dai piani astratti (che le opere hanno reso nella loro stratificazione) assumono somiglianze che nel desiderio di stabilizzazione vogliono diventare elementi rassicuranti per la psiche, il che costituisce un residuo del precedente atteggiamento esistenziale. La cancellazione totale delle forze precedentemente attive sarebbe, infatti, fuorviante poiché esse spesso forniscono un appiglio utile per la formazione del divenire. Nella sospensione si attua la consapevolezza del cambiamento prima che esso si attui. Uno stato d’animo globale si forma prima che muti in pensiero e si traduca in successiva azione di moto con le reazioni che ne conseguono.
Non mi posso sottrarre dall’osservazione di Forte Marghera, luogo dove attualmente lavoro e dal quale sono fortemente influenzato nella ricerca e nella produzione artistica. Ai miei occhi, il Forte diviene emblema dell’idea di sospensione: per come appare nella sua elastica locazione temporale, per il contesto territoriale, per la sua pianta geometrica e razionale sedotta da un ambiente naturale, palpitante ed esperibile come forza primordiale. Sembra quasi impossibile che questo luogo che si apre a tutte le forze che vi agiscono abbia il futuro determinato dalla direzione che prenderà il mondo globalizzato a seconda degli interessi umani che prevarranno. L’equilibrio tra le forze naturali e gli insediamenti umani vive oggi un momento di stasi evolutiva, conquistata con notevoli sforzi delle associazioni e spesso dei singoli individui che vi operano e che ne sorreggono i pilastri – spesso in senso non del tutto metaforico, come appunto nel caso di Forte Marghera.
Queste presenze attive mantengono, e non è poco, lo stato di sospensione di questo luogo storico; pur non sapendo quanto questa condizione ottimale possa continuare, si attuano per prolungarla nel tempo attraverso la produzione di numerose attività di ogni genere e spessore valorizzate dalla cittadinanza che sempre più ne fruisce. Credo che Forte Marghera, isola a forma stellare sospesa tra terra e acqua, tra terraferma mestrina e laguna veneziana, tra pubblico e privato, tra l’equilibrio del suo ecosistema e la rivalutazione urbanistica, tra mondo simbolico e realtà concrete, possa costituirsi immagine vivente di un processo di evoluzione, o involuzione, e farsi simbolo di possibili cambiamenti più ampi.
Alberto Deppieri